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domenica 27 giugno 2010

San Donato di Ripacandida ( 1591 )

Ora essendo il predett’ uomo dì Dio nel fiore della gioventù d'anni 19, piacque al Redentore di dargli l’eterno premio meritato dalle fatiche perché afflitto da grave infermità,doppo aver mostrato una grandissima pazienza e disio di volar al Cielo al fil anima sciolta dal peso terreno ando a viver con Cristo non senza molte lagrime di tutti i Monaci e degli abitatori di quel paese. Ma il Padre, come quello che l’ amava teneramente, andatosène dal Priore ottenne in grazia di portar il corpo del figliuolo a Ripacandida, essendo posto nel cataletto, lo portavano con molta lagrime di ciascuno che lo conosceva al quale tutto il popolo della Petina, e piangendo dicevano: O Donato come ci lasci così sconsolati ed afflitti senza lasciarci un segno della tua amorevolezza. Alle quali parole (o gran bontà di Dio) alzò il braccio destro dal cataletto e lo lascìo dal gombito cader interra il quale fu ricolto con grandissima venerazione e quivi conservato molto tempo. Il rimanente del corpo fu portato a Ripacandida fu quivi sepolto. Il braccio predetto oggi si trova intero con la carne nell’ Auletta terra convicina alle predette nel Convento di San Francesco, ove stanno Frati Conventuali. Un’ unghia, che manca a un dito del detto braccio, in Sicignano. Il corpo oggi si crede che sìa nel Duomo d’ Acervo, altri dicono in Ripacandida, ove celebrano la sua festività il 17 d’ Agosto: altri dicono in Melfi. Alcuni credono che la testa a sìa nella città di Nusco: e questo e quanto di San Donato Monaco di Montevergine s’ha per continuata memoria.

Istoria dell'origine del sagratissimo luogo di Montevergine - 1591
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giovedì 24 giugno 2010

Lettere ai briganti

Lettere trovate su due cadaveri di briganti

…Fu trovato sovr uno dei cadaveri a Lagopesole una lettera indirizzata a sua Eccellenza Don Carmine Crocco da uno nominato Caputo Luigi di Rionero con queste parole:
Voi dovete accordarmi di congiungermi alla vostra santa bandiera del nostro padre Francesco II per la gràzia di Dio di vostra Eccellenza e delle vostre truppe…

…. Questa è di una donna di Ripacandida a suo marito

Carissimo marito. Io mi son rallegrata che voi vi troviate bene in salute e che Dio vi abbia liberato da ogni disgrazia.. Io prego a tutti i momenti Dio di liberarti ma intanto si dice pubblicamente a Ripacandida, che voi siete stato coraggioso per la patria e che il Signore vi accompagnò sino alla fine di riportare la vostra vittoria. D’ una sola cosa io mi sento molto dispiacere,, perchè tutti i Ripacandidesi hanno riportate delle ricchezze alle loro famiglie: io piangendo e lacrimando dicevo:perchè il marito mio non si ricorda di me? Povera donna, io non ho mai fortuna. E dicevo fra me stessa: mio marito aveva un cuore largo, perchè mostra adesso un cuore di macigno? Io vi prego al più presto di levarmi la mia miseria .Vi salutano carissimamente i miei fratelli, e dicono che vonno un ricordo: regalate un fucile a ognuno acciocchè si ricordino del vostro buon cuore e il fucile che avete mandato io non l ho ricevuto. Vi abbraccio caramente.

Scritta da me Michele Guglielmucci e a me pure mandatemi qualche piccolo fucile.

Vostra affezionatissima moglie

Teresa Sairua

o

Teresa Sairna

Il cognome non è leggibile


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domenica 20 giugno 2010

LA BATTAGLIA DI CANNE E IL MONTE VULTURE

La battaglia di Canne fu la più grande battaglia della II guerra punica combattuta tra Romani e Cartagine il 2 Agosto del 216 a.c. .
Anche il Monte Vulture ebbe un ruolo importante in quella battaglia, o meglio, il vento che quel giorno soffiò da esso fu determinante nella sconfitta dei romani da parte di Annibale.Ecco cosa dicono le cronache di allora e che testimoniano di quel vento impetuso;

Tito Livio in Ab urbe condita:

XXII,43] Prope eum vicum [Cannas] Hannibal castra posuerat aversa a Volturno vento, qui campis torridis siccitate nubes pulveris vehit. Id cum ipsis castris percommodum fuit, tum salutare praecipue futurum erat cum aciem dirigerent, ipsi aversi terga tantum adflante vento in occaecatum pulvere offuso hostem pugnaturi.


Presso questo borgo aveva Annibale posto il campo, con le spalle al vento Volturno che in quelle campagne arse dalla siccità porta nubi di polvere. E tale disposizione, buona per gli alloggiamenti, doveva essere sommamente propizia quando si sarebbero schierati a battaglia, giacché così, soffiando il vento soltanto da tergo, avrebbero combattuto rivolti alla parte opposta contro il nemico accecato dalla polvere.


[XXII,46] Sol seu de industria ita locatis seu quod forte ita stetere peropportune utrique parti obliquus erat Romanis in meridiem, Poenis in septentrionem versis; ventus -Volturnum regionis incolae vocant - adversus Romanis coortus multo pulvere in ipsa ora volvendo prospectum ademit.


Il sole, o perché si fossero così disposti di deliberato proposito o fosse caso, batteva l’una e l'altra parte, molto opportunamente, di fianco, essendo i Romani vòlti a mezzogiorno, i Pùnici verso settentrione. Il vento (gli abitanti del luogo lo chiamano Volturno), soffiando in faccia ai Romani, toglieva a essi la vista spingendo loro gran polvere in pieno viso.


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martedì 15 giugno 2010

Acqua Santa a Monticchio (inedito 1839 )

..Al di là del piano della spina i boschi di Monticchio si congiungono a tramontana con quelli del fosso di Faraone al quale puossi benanco discendere dal pizzuto di Melfi, come il dicemmo disopra. Quindi battendo il sentiero del bosco e della piana della Melaina si va all’ acqua Santa. Il cammino è di circa 2 miglia, ed è tutto rivestito di boschi di cerri e di quercia di bellezza non comune. Piano ed agevole n’ è il calle e di tratto in tratto spazioso ed ameno ne addiventa per le praterie che vi si frappongono e che si propagano fin al luogo detto dell’ acqua rossa, pè rigagnoli imbrattati di ossido di ferro di cui tutta quella contrada abbonda; e le pietre che se ne veggono scoverte son tutte argillose ferrifere, provenienti dalla totale decomposizione delle antichissime rocce vulcaniche di cui quella parte della regione vulturina risulta, e che compagna la dichiarano de più rimoti vulcani de' campi Flegrei e della Campania.

Giudicar volendone dalle notizie che se ne leggono scritte nella lettera dell’ Abate Tata, e da ciò che ne riferiscono quei terrazzani, altra volta, l’acqua Santa esser dovette una termale idro-solfurea di cui facesi gran caso per la guarigione delle malattie cutanee. Quando l'abbiamo osservata noi non ci abbiamo riconosciuto altro che un acidola ferruginosa fresca simile affatto all’acqua del vallone dell’Arena presso Rionero. Essa scaturisce da una grotticella scavata in un masso di lava decomposta friabile. Sgorgano intorno ad essa altri rigagnoli di acqua affatto potabile; nessuno de’ quali presenta ombra di qualità termale o idro-sulfurea. Tutti quei sassi sono rivestiti della solita ocra ferruginosa, che più copiosa diventa prolungandosi il cammino verso l’ acqua rossa ed il varco della creta, che sempre più a tramontana spingendosi riesce sul ponte della pietra dell’ olio sull’ Ofanto. Presso l’ acqua santa, a testimonio delle antiche sue medicinali qualità trovasi per terra una mezza lapide di cui credemmo dover trascrivere le parole per involarle dalla oblivione che al facile deperimento di quel resto di sasso sovrasta. Comunque manchi di millesimo, tuttavia per la forma delle lettere e per la ruvidezza del dettato potrebbesi far risalire a più secoli di antichità:

A pie del marmo ve l’ acqua vicina

CocHE del male mi sano S’ CARlo

Co opra muta che loquace parla

Lavacro se mi fu mi fu pescina

Quei sentieri sono tuttora frequentati dai viandanti di Monteverde, Andretta, Calitri ed altri de’ paesi messi sull’ opposta sponda dell Ofanto che varcandolo al ponte dell’ Olio recansi a Rionero ad Atella e negli altri luoghi posti al di qua del fiume.

Da: Atti della Reale Accademia delle Scienze. Sezione Società Reale Borbonica Stampato 1845. Scritto nel 1835

sabato 12 giugno 2010

Tracce del Barone Rotondo




















N° 2515 ) Decreto col quale si concede il titolo di Barone al cav. D. Nicola Rotondo del comune di Rionero

Napoli, 10 Settembre 1855

FERDINANDO II per la grazia di dio re del regno delle DUE SICILIE, DI GERUSALEMME ECC, DUCA DI PARMA, PIACENZA, CASTRO ec. ec. Gran principe ereditario di Toscana ec. ec. ec.

Volendo benignamente accogliere le suppliche umiliate al nostro real Trono dal cav. D. Nicola Rotondo di Rionero in Basilicata e dargli un contrassegno della nostra sovrana benevolenza, tanto pel costante attaccamento serbatoci, che per le varie opere da lui fatte in sollievo degli infelici nelle diverse occorrenze di pubblica calamità; Sulla proposizione del nostro Ministro Segretario di Stato Presidente del Consiglio de’ Ministri:
Udito il nostro Consiglio ordinario di Stato;
Abbiamo risoluto di decretare, e decretiamo quanto segue.
Art. 1. Concediamo al cav. D. Nicola Rotondo di Rionero in Basilicata il titolo di Barone, trasmessibile in perpetuo e con ordine di primogenitura a’ discendenti legittimi e naturali di lui e nella linea collaterale fino al quarto grado secondo le leggi del Regno.
2. Questo titolo, nel caso che il cennato cavaliere trapassasse senza discendenti, sarà trasmessibile nello stesso modo, e con le stesse indicate regole di successione al di lui germano D. Eustachio Rotondo, tenente colonnello, presidente del primo Consiglio di guerra e governatore del reale Albergo de’ poveri.
3 Il nostro Ministro Segretario di Stato Presidente del Consiglio de Ministri è incaricato della esecuzione del presente decreto.
Firmato, FERDINANDO
Il Ministro Segretario di Stato
Presidente del Consiglio de Ministri
Firmato, Ferdinando Troja


Tratto da : COLLEZIONE DELLE LEGGI E DE’ DECRETI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE
Anno 1855 semestre II da Luglio a Tutto Dicembre

ps La famiglia del Barone Rotondo si trasferì a Mola e a Spinazzola

giovedì 10 giugno 2010

RIONERO 1843

Messo a cavaliere su di amenissimo colle la situazione di Rionero non poteva essere più propizia all’educazione del virgulto di Bacco Vi concorre la qualità vulcanica delle sue terre acconciamente temperata dagli elementi calcari di cui tutti i monti che circondano il fuori del paese dal levante a mezzodì nella esposizione tra Rionero Barile e Ripacandida lì vi sono piantate e condotte come in ben ordinati giardini i vitigni, son tenuti bassi a 4 palmi di distanza fra loro nella potatura vi si lascia un solo tralcio o tutto al secondo con due soli occhi, i pampini si fanno appoggiare a tre canne messe a piramide, si lavora la terra tre e volte l’anno Le vigne di Rionero si danno la mano con quelle di Barile Rapolla e Melfi ma in due ultimi luoghi fra le viti son piantati ulivi e alberi fruttiferi Dalla parte che guarda Rionero ed Atella il Vulture è stato spogliato de suoi boschi e le coltivazioni di cereali vi sono state spinte fin quasi al comignolo. Vi rimane il pizzuto di San Michele la lunga cresta che si distende fino al pizzuto di Melfi dove i boschi esistono in tutta la loro forza. La parte denudata appartiene al demanio di Atella che vi possiede ancora altri boschi e terre considerevoli. Nulla ne possiede Rionero che surto di recente come il dicemmo non ha fondi demaniali di sorta alcuna e prende da Atella tutte le terre che ora ne coltiva In tal deficienza tanta è l’ industria di quel popolo instancabile e tanto il commercio colle limitrofe contrade che la prosperità di Rionero progredisce con rapido corso i suoi fabbricati se ne aumentano tutto giorno La su popolazione conta già 10 mila abitanti e l’agiatezza vi è distribuita tra tutte le classi di essi A farne un capoluogo di distretto se non di Provincia sono l’amenità del sito la salubrità dell’ aria le vettovaglie la vicinanza del Vulture che lo provvede di legname di cacciagioni e di pesce la prossimità della Puglia che gli apre i porti dell Adriatico La stagione è fresca e deliziosa e noi che ve ne passammo i più caldi giorni non vi avvertimmo mai più di 21 gradi di Reaumur. Da ultimo gioverà aggiungere a queste prerogative l’essere stata immune dal flagello asiatico mentre infieriva nella prossima Puglia ed in molti luoghi della stessa Basilicata e di questo insigne privilegio godeva Rionero senza avere punto intermesso i suoi commerci e senza dar luogo a misure sanitarie…


Tratto da: ATTI DELLA REALE ACCADEMIA SELLE SCIENZE SEZIONE DELLA SOCIETÀ REALE BORBONICA VOLUME V Parte

NAPOLI NELLA STAMPERIA REALE 1843

giovedì 3 giugno 2010

U' Vucal ( il Boccale )

Caratteristico contenitore in argilla cotta, provvisto di due o di una sola ansa. Smaltato internamente e decorato esternamente con motivi richiamanti frequentemente l'uva. La causa di questo richiamo tanto ripetuto sul boccale, deriva appunto dalla sua funzione principale che è quello di contenere il vino. Anche quest'oggetto è stato di uso frequente nel mondo contadino.
Mentre nella campagne per trasportare e per bere il vino, veniva utilizzato, il classico fiasco in legno di rovere o di castagno, nelle case, invece, mentre il posto del cicino per l'acqua era sotto il tavolo, sopra lo stesso, all'ora del desinare, al centro dell'attenzione di tutti faceva bella figura il boccale ricolmo di vino. Le sue dimensioni, determinavano, da un lato il numero dei commensali, dall'altro la ricchezza della famiglia