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domenica 19 settembre 2010

Corografia dell’Italia 1834

RIONERO borgo del regno delle due sicilie prov. di Basilicata dist. Melfi capoluogo di cantone. Uno dei migliori luoghi di quella provincia per i comodi della vita. Vi sono alberghi, caffè, sorbetterie, pasticcerie, una chioesa collegiata due altre parrocchiali e circa 9.000 abitanti attivi ed industriosi, i quali, oltre all’esteso commercio ed agricoltura, esercitano in grande la pastorizia. Vi sono fabbriche di scatole di acero e di altri legni per tabacco che soffrono il paragone con quelle di Lecce. I dintorni producono cereali, e pregiati vini ed olii: i vicini colli di castagneti e di quercie per l’ingrasso dei maiali. Sta a 5 miglia ad ostro da Melfi e 19 a maestro da Potenza.

Corografia dell’Italia 1834

domenica 12 settembre 2010

I francesi vengono forzati a capitolare ad Atella da parte di Ferdinando II 1495 (Di Jean-Charles-Léonard Simonde Sismondi)

…L’ armata, che ogni giorno s indeboliva ,dovette all’ultimo ritirarsi. Essa tentò di rientrare nella Puglia dalla parte di Ariano e di Beneventoe portarsi alla volta di Venosa. Perchè Ferdinando non si accorgesse della loro ritirata, i francesi partirono in sul cominciare della notte e fecero venticinque miglia senza riposarsi. Speravano essi che Ferdinando, inseguendoli li avrebbe dovuto trattenersi alquanto sotto il castello di Gesualdo che in altri tempi aveva sostenuto un assedio di quattordici mesi e fidati in questa speranza espugnarono la città d’Atèlla in cui avevano incontrato resistenza e le diedero il sacco perlochè indugiarono più del dovere. Ferdinando occupò Gesualdo senza trarre colpo e raggiunse i francesi prima che fossero usciti da Atella, allora il Montpensiero si trovò costretto di appigliarsi al partito che più gli conveniva che è a dire di difendersi in Atella onde dar tempo al suo re di soccorrerlo. Atclla, dove stava chiusa l’ armata francese, non è già quella città che diede il suo nome alle favole Atellane, la quale era posta all' un di presso nel luogo oggidì occupato dalla città di Aversa. Atella della Basilicata di cui ora si parla, giace in una fertile pianura ma un miglio più oltre cominciano ad ergersi le montagne che sfgono da tre parti formando un ricco anfiteatro largo tre quarti di miglio. Il pendio di questi monti non è scosceso e ne pensili che forma, si fa uso dell’aratro per lavorare i campi e dove il terreno è più inclinato si coltivano viti ed alberi fruttiferi d’ogni maniera. Quest’anfiteatro è aperto dalla parte di mezzogiorno onde si vede a sinistra la città di Melfi e a destra la strada di Conza coperta da folti boschi. Un ruscello irriga la pianura soccorrendola al ponente estivo, dopo avere circondato con largo giro la borgata di Atella. Colà le acque trovandosi chiuse tra più alte rive volgono alcuni molini, poi si gettano nell’Ofanto. Dalla parte di levante la borgata di Ripa Candida posta sulla strada di Venosa era occupata da francesi e da quel lato l’esercito loro sperava di ricevere vittovaglie e soccorsi aggiunto che tutto il paese si era dichiarato pel partito angioino, ma la cavalleria leggera degli stradioti non tardò ad impratichirsi di tutti i sentieri e chiuse tutti i passi ai partigiani de francesi. Ferdinando non voleva venire a battaglia contro un armata disperata ed invece pensò a chiuderle tutte le strade a difficultare ogni mezzo di vittovagliarla e a distruggere i mulini di cui si serviva…. Dopo questa vittoria e la prima che Gonsalvo di Cordova riportasse nel regno di Napoli, questi venne con sei mila uomini ad unirsi sotto Atella al re Ferdinando e la sua venuta fece agli assediati pendere ogni speranza. Il Montpensiero che cominciava a difettare di vettovaglie, fece partire il 5 di luglio alla volta di Venosa, la terza parte della sua cavalleria onde scortare un convoglio, ma sebbene questa scorta uscisse a mezzodì che è a dire in tempo in cui doveva supporsi che i nemici per timore degli eccessivi calori della Basilicata si riposassero, ella fu scoperta dagli stradioti soprappresa e sconfitta. In questo fatto i francesi perdettero più di trecento cavalieri e più che la perdita gli affliggeva il pensiero che i loro uomini d’arme, erano stati debellati da una cavalleria leggiera da loro sprezzata. Dopo questa battaglia, Ferdinando conquistò Ripa Candida e si accampò sulla strada di Venosa, sicchè veniva a chiudere agli assediati qualunque uscita. Gonsalvo di Cordova lo stesso giorno in cui arrivò presso Atella, aveva espugnati e affatto distrutti i mulini degli assediati onde questi cominciavano a non avere più farine. In breve essi provarono un altra più acerba privazione più non potendo attignere acqua dal ruscello che bagnava le mura di Atella, senza azzuffarsi coi nemici e dovendo così pagare col loro sangue ogni botte di acqua. Avevano i francesi formato nel fiume un abbeveratoio difeso da alcuni trinceramenti, cui erano stati posti a guardia i loro svizzeri, ma questi essendo stati con grand’ impeto assaliti perdettero coi trinceramenti trecento uomini. Fu trovato tra i morti un alfiere cui era stata troncata la mano destra e gravemente ferita la sinistra e che morto com’era strigneva tuttavia coi denti lo stendardo che glì era stato affidato. Erano già trentadue giorni passati da che i francesi trovavansi chiusi in Atella, essi vedevano ogni giorno andar crescendo il numero de loro nemici e scemare quello de propri soldati, loro mancavano i foraggi i viveri e l'acqua, laonde all’ultimo risolsero di venire a patti. Il Preci Bartolommeo d’Alviano ed un capitano svizzero furono inviati a parlamentare con Ferdinando. Chiesero questi inviati che venisse conceduto a Giberto di Montpensiero di mandare un corriere al suo re per avere soccorsi a patto che se non li riceveva nello spazio di trenta giorni dovesse allo spirare del termine consegnare a Ferdinando tutte le città e terre che da lui dipendevano col le oro artiglierie.Fino a tal tempo il Montpensiero prometteva di non tentare d uscire da Atella ove il re gli somministrerebbe i viveri giorno per giorno. Quando poi i francesi rassegnerebbero la piazza, dovevano essi avere la libertà di tornare in Francia e gli italiani di andar fuori del regno ed i napolitani dovevano avere quindici giorni di tempo per sottomettersi al re il quale doveva conceder loro intero perdono e la restituzione di ogni loro avere. Questi patti piacquero anche a Ferdinando e vennero sottoscritti il giorno 20 di luglio del 1496 tuttavia le tre città di Venosa Gaeta e Taranto, i di cui governatori erano stati nominati dal re medesimo furono espressamente eccettuate da capitoli. Sembra che il Montpensiero non aspettasse i trenta giorni prefissigli nella convenzione per cedere Atella, ma che stretto da bisogno di danaro e dalla impazienza de suoi soldati consegnasse dopo tre dì quella piazza a Ferdinando per dieci mila fiorini cui distribuì alle sue truppe a conto del loro soldo. Usci il capitano francese da Atella con circa cinque mila uomini che furono condotti a Baja ed a Pozzuoli per aspettarvi l’imbarco…

lunedì 6 settembre 2010

Sentenza definitiva Corte Suprema di Giustizia di Napoli ( 1833 ) sul ricorso dei Sigg. Catenacci e delle Sante sulla donazione del sig. Tartarisco

1. DONAZIONE CAPPELLA LEGGE CONTRÀ L’ AMMORTIZZAZIONE 2 .NOMINA DEL SACERDOTE PER LA CELEBBAZ1ONE DI MESSE DIRITTO PASSIVO EI PROPRIA PERSONA 3. DIVISIONE DI BENI

1. È valida ed efficace la donazione dei beni alla cappella costruita in una chiesa fatta per di lei dote e fondo prima della legge del 1769 contra l’ ammortizzazione 2. La disposizione aggiuntavi dal donante che il dippiù della rendita dei beni donati si addica in perpetuo a celebrazione di messe preferendo i sacerdoti della sua discendenza, costituisce a favore di costoro un diritto passivo ex propria persona. 3 Ed esistendo il sacerdote che ha questo diritto non possono dividersi i beni donati. (S.C.N. 18 luglio 1833 Catenacci e delle Sante Pres. Cav. de Blasio – Rel. Brundesini - PM cav. Letizia - Avv. D. Agostino Santamaria de’ ricorr e D Giovanni de Simone de resist.- RIGETTO)

La C.S .di giustizia

l Sulla prima quistione. Attesoché D. Francesco Tartarisco coll’atto autentico de 22 ottobre 1699 donò irrevocabilmente tra vivi alla cappella da esso prima costruita nella chiesa matrice di Rionero alcuni beni immobili per dote e fondo della medesima. Dispose nell’istesso tempo che dalla rendita di quei beni si prelevassero annui ducali 4 per l'acquisto e manutenzione de sacri arredi. Solo il dippiù gravò del peso perpetuo di messe a grana 15 l’ una in suffragio dell’ anima sua e de suoi antenati e posteri. Attesochè perciò tal disposizione contiene due parti distinte che non possono confondersi, cioè la prima, un assoluta donazione di beni alla cappella e la seconda l’ uso da farsi della loro rendita. Attesochè la donazione trovandosi stipulata nel 1699 è anteriore alla legge pubblicata nel 1769 contra l’ammortizzazione. Quindi è valida ed incontrastabile poiché prima di questa seconda epoca l acquisto de beni a favore della chiesa non era vietato.

2 Sulla seconda. Attesoché il donante impose sul dippiù della rendila dei beni donati il successivo peso perpetuo di messe che certamente dovevano celebrarsi da sacerdoti che sono i soli cercati a quel Divino sacrifìzio giusta i sacri canoni. Ma esso volle nominare e prescegliere in preferenza quelli che, discendevano dalla sua persona per linea aguatizia, o, in difetto di questa per quella di cognazione. Nel solo caso, che non esistesse dopo la sua morte verun sacerdote né dell’ una né dell’altra linea, dispose che il suo con congiunto più prossimo in grado scegliesse altro prete fino a che non pervenisse al sacerdozio qualcuno di una delle sue linee e che in mancanza di tutto l’ elezione dovea farsi dal Sindaco prò tempore. Attesoché da ciò risulta evidentemente che il donante prescelse i sacerdoti della sua discendenza. Con esso conferì loro un diritto passivo ex propria persona per la celebrazione delle messe.

3 Sulla terza. Attesoché il sacerdote de Santi discende dalla persona del donante per la linea cognati zia, per cui in difetto della linea maschile è preferito ad ogni altro sacerdote. In conseguenza i beni donati non possono dividersi in pregiudizio del diritto passivò di cui è esso investito ex propria persona per la celebrazione delle messe. Quindi bene la GC civ colle impugnate decisioni ha esclusa la divisione di quei beni. Attesoché la legge applicabile a questo caso particolare è il Real rescritto de 4 agosto 1798 poiché coll. art 2 del medesimo rispettandosi la volonta’ de fondatóri ed il diritto che i sacerdoti da essi prescelti direttamente avevano acquistato ex propria persona si stabilì la regola che ove il legato pio. o cappellania laicale sia dell’ epoca anteriore alla legge del 1769 contraria all’ ammortizzazione, i beni non potevano distraersi né dividersi ma dovea il cappellano ritenerli col peso delle messe e delle altre opere prescritte. Attesoché nella specie i beni come si è gia’ osservato trovansi donati legittimamente alla cappella per sua dote e pel solo dippiù della rendita è addeito il peso perpetuo delle messe che il sacerdote de Santis ha ex propria persona il diritto di celebrare. Quindi è fuori del caso il discendere ora all’ esame se i decreti pubblicati in tempo dell’ occupazione militare su i padronati ai quali i ricorrenti signori Catenacci si attengono siano stati o no aboliti col posteriore decreto de 20 luglio 1818. Per questi motivi la CS rigetta il ricorso. Luglio 1833.

giovedì 2 settembre 2010

Lago PESOLE

Rimessi in istrada, prima di ascendere il Carmine, ne deviammo per circa un miglio ad oriente onde osservare il curioso laghetto che fu detto di Pesole, dagl isolotti galleggianti che a riprese si ravvicinavano e si allontanavano dalle sue sponde. Questo fenomeno che avrà potuto benissimo aver luogo allorché il lago conservava notabile profondità, è cessato per l' impaludamento avvenutovi dopo che ne sono stati recisi i boschi e dissodate le terre dei colli che li fanno corona . Di presente ridotto il suo maggior diametro a circa un terzo di miglio ed il minore a meno di 300 passi, non è che una pozzanghera ingombra da pertutto di piante palustri, ed appena in mezzo di essa rilevano alcune limpide vene che quei terrazzani chiamano le luci, e che sono le perenni polle che sgorgano in quei punti e che riunite in perenne rigagnolo, aprendosi il varco tra i prossimi burroni ,vanno a dare origine al Bradano. I pescatori spingono qualche sdrucito sandalo tra quei canali e vi pescano anguille ciprini e tinche che vanno a vendere in Avigliano. La ninfea bianca e qualche potamo geto allignano nelle più profonde acque del lago, mentre ne fossi paludosi crescono le carici le iridi ed altre comuni piante di tai luoghi
Tratto da: Accademia delle scienze Napoli 1843