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sabato 31 dicembre 2011

sabato 24 dicembre 2011

sabato 17 dicembre 2011



Ecco perchè il monte Vulture si chiama così:


Lo studio sull'etimologia della parola Monte Vulture, fu condotto nel 1778 da un certo abate Tata, il quale sostenne che gli Etiopi furono stati i primi abitatori dell'Italia e, perciò ricorrendo alla lingua Etiopica nella quale «ult vult volt » significa luogo di difesa ed «Ur » fuoco, suppose che il monte fu chiamato Vultur, quale luogo o monte difeso da ogni banda dal fuoco.

Fuoco, in quanto i popoli etiopi vedevano dei fuochi nel monte, forse rimanenza dell'attività vulcanica del Vuture.


Oppure, sempre secondo l'abate Tata, l' Etimologia del Vulture, deriva anche alla lingua Arabica in cui Vultur significa Pater Tauri, la quale indica non solo gran monte ma anche acceso o ardente monte; dalla qual sorta di monte fu la nostra Penisola detta già Vutelia e poi Etalia ed Italia. (Abate Tata)

Regio decreto "da Rionero in Volture a Rionero in Vulture"

martedì 6 dicembre 2011

Giuseppe D'Agostino



atto di nascita di Giuseppe D'Agostino, morto ad Adua nel 1896



L'anno 1874, il giorno 15 Maggio nella casa comunale, alle ore 10:00________________
Dinanzi a me Giuseppe__________ segratario comunale di Rionero in Vulture, circondario di Melfi, Provincia di Basilicata, delegato a compiere le funzioni di ufficiale dello stato civile per glia tti di nascita e di morte del cindato comnune con atto del 26 Dicembre 1849 deliberatamente approvato dal procuratore del RE__________
è comparsa____Grussso, fu Nicola, di anni 44, levatrice domicialiata a Rionero, la quale alla presenza di Nicola Abate, di padre incesto, di anni 40, e di Giovanni Pietrafesa, fu Giannattasio, di anni 54, ambo serveti comunali domiciliati in Rionero, tagluini scelti dal già dichiarante, mi ha presentato un bambino, da lui dichiarato che lo stesso è nato da Faustina Brienza, di Canio, di anni 30, contadina, domiciliata in Rionero, e di Canio D' Agostino, fu Gerardo, contadino domiciliato a Rionero, di lei leggittimo marito, nel giorno 14 dedante mese di Maggio, alle ore 18:00 nella casa di loro abitazione messa in questo comune alla via del Calvario n°32.
La podestà inoltre ha deliberatodi dare al bambino il nome di Giuseppe.__________
Il presente atto steso contemporaneamente nei due Registri originali, è stato letto tutto sia alla dichiarante, che ai testimoni, ed indi si è da me e dal loro testimone Abate sottoscritto, avendo gli altri detto di non saper scrivere.__________

Ringrazio il sig. Tony D'Agostino, di origini rioneresi e che abita a Seneca Falls, New York, per avermi gentilmente procurato il documento in allegato.

venerdì 2 dicembre 2011

Via Galliano


Chissà se un giorno potremo camminare così liberamente per Via Galliano

giovedì 24 novembre 2011

Casina Laghi


Eppure questa cartolina era delle nostre parti e ritraeva una parte della nostra località turistica.


...ma veramente stavamo bene quando stavamo peggio?....
" invec' r' scj 'nand', sim' sciut' semp' 'ndret"

Quando ritorneranno quei tempi?

mercoledì 16 novembre 2011

Parole attuali...

...E' doloroso doverlo ripetere, ma bisogna ripeterlo alto, senza riguardi e senza rispetti: nessun Governo, dal 1860 in poi, ha avuto mai piena coscienza dei doveri, verso l'Italia Meridionale, dello Stato educatore, perchè nessun Governo si è messo mai, nonché a studiare, a conoscere con affetto, con sollecitudine, le condizioni politiche di quelle popolazioni: nessuno, e meno di tutti i ministri meridionali forse, come io credo, perchè la pace e la riparazione il Mezzogiorno non le può interamente aspettare dà suoi. Se così fosse stato, se tutti avessimo saputo e sentito quello che è il problema del Mezzogiorno, non saremmo ora qui a tacciare d'impotenza, come fa la maggioranza delle Giunta parlamentare, tutta quanta la nostra legislazione, che pure è tra le migliori che abbia il mondo civile, e a dar prova, solennissima prova-mi si perdoni-d'ingenuità: quella di credere che un nuovo ingranaggio, e quale ingranaggio!, nella già pesante, grave macchina dello Stato italiano, e un'altra delle tante inutili, dispendiose cariche ornamentali delle quali non è penuria nei nostri ordinamenti amministrativi, possano, in uno, in due anni al più, rifar dalle fondamenta un edifizio che crolla …

Giustino Fortunato, 3 Luglio 1896 alla Camera dei Deputati nella discussione generale del disegno di legge sul Commissariato civile per la Sicilia

La Villa alla Stazion'

domenica 30 ottobre 2011

Giustino Fortunato benestante pessimista




Per essere nato anche io a Rionero in Vulture, nel profondo sud, lo stesso paese di Giustino Fortunato, qualche anno dopo di lui (oggi si ricorda il 150 anniversario della sua nascita 1848)dovrei avere un qualche ricordo, sia pur vago di quel singolare personaggio:parlamentare,politico,uomo di cultura, appassionato studioso del mezzogiorno.

Purtroppo il primissimo connesso alla figura di G. Fortunato non è affatto vago. E' preciso, ma sgradevole,imbarazzante per me, a faticosi ripensamenti. Niente di drammatico,per carità. Si tratta solo di questo.

Siamo negli ultimi anni del fascismo: sarà il 1939, sarà il 1940. Siamo nella piazza del paese. Non stiamo pensando a don Giustino ( che eramorto a Napoli , nel 1932)- Siamo ragazzi, bambini, adolescenti e stiamo giocando a palla, naturalmente trepidando al pensiero della guardia comunale che tra un po' si presenterà implacabile , per cacciarci via, minacciandoci. Quando passa per la piazza, e nella piazza si ferma, un'automobile. E che automobile. Snella, elegantissima, forse persino- se la memoria non inganna- decapottabile. Sarà stata la terza, la quarta macchina che vedevamo in vita nostra. Ne discendono due turisti che si avvicinano e domandano: Ragazzi, cosa c'è da vedere in questo paese?. I ragazzi – bambini adolescenti che eravamo- si fermano, imbarazzati. Ci consultammo. Chiedemmo che venisse ripetuta la domanda: Ma si, non c'è qualche chiesa, qualche monumento, qualche palazzo che valga la pena di una sosta?. Sempre più intimiditi, ci consultammo ancora a bassa voce. Trovammo un accordo. Demmo incarico ad uno di noi ( spero non sia toccato a me) di rispondere. Abbozzammo: Si c'è il campo sportivo, appena fuori del paese. Con un'irritata alzata di spalle , con una sbuffata di fastidio, ed un vistoso sbuffo di fumo da tubo di scappamento dell'automobile, i due delusi turisti si allontanarono.

Ci ho pensato più di una volta negli anni successivi. Cercando di trovare una qualche giustificazione alla nostra cattiva figura.. Alla nostra mancanza di prontezza nel rispondere. Perchè nel mio paese -non fo per dire- qualche bella chiesa decorosamente vecchia , qualche fontana 8 se non è stata ne frattempo distrutta, nell'ansia di modernizzare), qualche bel palazzo spagnolesco ce l'aveva. Ce l'ha.

E noi altri ragazzi-piccoli medi e grandi- stavamo giocando a palla proprio davanti al palazzo di famiglia di don Giustino . Che un suo carattere monumentale ce l'ha. Che ha, anche , al suo interno, un bellissimo giardino. E non ci era venuto in mente! Colpa nostra, mi dico. Così piccoli e già così ignoranti. Poi mi racconto: un po' di colpa devono avercela avuta pure i nostri maestri di scuola. Che diavolo ci insegnavano? Poi, ricordando quanto erano materne e protettive le nostre maestre, quanto erano scontrosi ma affettuosi i nostri temutissimi maestri, mi dico che non è giusto pensarla così.

Del resto, se anche ci fosse venuto in mente di indicare a quei turisti il Palazzo Fortunato come avremmo dovuto presentarlo? Come avremmo dovuto e potuto presentare lui, don Giustino ? Come un antifascista inflessibile, innanzitutto. Era stato lui a capire e a dire per primo, che il Fascismo non era-come pretendeva-una rivoluzione, bensì una rivelazione di quanto c'è di peggio nel nostro temperamento: nazionale e locale. Prima di tutto il facilismo, che Fortunato dal profondo del cuore detestava. Ma i due signori del Nord, così ben vestiti e bene equipaggiati forse erano fascisti anche loro. Difficilmente avrebbero potuto apprezzare la nostra presentazione del personaggio. Avremmo potuto aggiungere che G. Fortunato era un aristocratico signore di famiglia borbonica, ricca di terre. I due turisti, se la pensavano come noi pensavamo, avrebbero commentato: Grazie tante, con tutti quei possedimenti, ci si può anche permettere il lusso di fare dell'antifascismo. Avremmo precisato, allora,che don Giustino non si limitava a possederle, quelle sue terre. Le amava intensamente. Le coltivava assiduamente, investendovi tutta la sua sapienza tecnica di cui lui e suo fratello Ernesto disponevano.

Amava le sue terre, amava la sua terra: il Mezzogiorno. Che usava visitare ed esplorare non in automobile, frettolosamente, ma a piedi: Per 25 anni, nelle Estate, io percorsi tutta l'Italia Meridionale, tutta pedestramente, dal Gran Sasso all'Aspromonte.

La conosceva zolla per zolla la sua terra. La conosceva zolla per zolla, la sua Valle di Vitalba. La conosceva , e non si faceva nessuna illusione. Malgrado il sole, malgrado il mare, non era affatto un'isola felice, come raccontano i viaggiatori romantici. Meno che mai una terra dell'Eden. Meno che mai una propaggine fortunata della Magna Grecia. Altro che Magna Grecia diceva. La famigerata Magna Grecia non visse più di 25 anni e non lascio di sé se non la colonna di Metaponto e i templi di Pesto.

Il Mezzogiorno ripeteva, è uno sfasciume geologico, pendulo fra due mari. Questo pessimismo, riversato poi in vari scritti...questo pessimismo stoico lo poneva in contrasto con Benedetto Croce, suo amico di una vita. Che per essere coerente idealista non credeva in nessun tipo di determinismo. Meno che mai nel determinismo agronomico di Fortunato:fatto di snetiri percorsi, di torrenti attraversati, di zolle sgretolate con le mani ed analizzate davvicino: che cosa ci si può piantare? Che reddito possono dare?

Quando Benedetto Croce gli diceva: Non ho conosciuto altri più negato di voi all'astrazione, egli per lettera agli amici commentava Io,lo giuro, ne godei.

Pessimista e quindi rinunciatario? No, tutt'altro. Pessimista e quindi nient'affatto rinunciatario.

Le cose che si potevano fare bisognava farle. E diede una buona mano a farle, nella sua carriera di parlamentare: paziente e operosa, come il lavoro di un contadino.

A proposito. Da parlamentare aveva diritto al permanente, a viaggiare gratis sui treni. Si racconta in paese che lui quel permanente usava infilarlo nella tesa del cappello, bene in vista.Una volta salito in treno tirava fuori dalla tasca il biglietto, che si era comprato con i suoi soldi. Non sono uno approfitta della sua posizione.

Mi vedo nuovamente davanti i 2 turisti che si fermarono nella piazza del paese quel giorno. So quel che direbbero: E certo,quando si è così benestanti , ci si può permettere anche di questi gesti. Noi abbiamo avuto modo di conoscere e di vedere nel frattempo tante persone assai più benestanti di G. Fortunato che non si accontentano mai di niente. Quando hanno, dallo Stato o dalla sorte, un qualche privilegio, pensano subito a moltiplicarlo. Per cento, per duecento, per mille. Niente a che vedere con il pessimismo operoso, studioso, dignitosissimo di don Giustino.

Di Beniamino Placido

su gentile richiesta del sig. Mario Faggella professore di mio fratello Nicolino

lunedì 17 ottobre 2011

Così per dire....

Chi se ne respiace re' la carn' re' glie àut', la ssoije' se' la màngene' i cane'....

sabato 8 ottobre 2011

Signorotti di Rionero (2)

Quanto ai Giannattasio, erano bravi e soliti imbottigliare sontusi rossi, i vetri spessi e scuri come le loro cantine dove nei decenni si patinavano di una polvere grigiasta e solida;magari ricorrevano anche al degorgement, educati come erano allo spirito, dei vini, francesi; ma sembravano imbottigliare sibi suisque, da regalo per sè e per pochi intimi. L'atrio e i seminterrati del seicentesco palazzo Giannattasio erano pieni di carri, calessi, landau, cavezze imbottite di canapa, lame e coltelli trinciaforaggi, cesoie da potatura, guanti in ferro, ferri per i cavalli, campanacci; e sapevano di giare, olle, bordolesi, damigiane, ventilatori, irroratori, spandizolfo. Ma l'aria che si respiarava al primo piano, nell'ufficio sulla corte, fra il vecchio Giannattasio e l'amministratore don Attilio, sapeva di altro. "Buongiorno, don Peppino" , Buongiorno, don Attilio"." Ci sono novità?" " Nessuna novità". E don Attilio gli passava la copia del Giornale d'Italia. fresca di edicola.
Dopo avere controllato l'orario (le otto del mattino, senza sgarro) don Attilio estraendo dal taschino del gilet la sua enorme cipolla cui proprio allora dava la carica giornaliera, e don Peppino sogguardando il pendolo enorme dell'ufficio, fra le due scrivanie di fronte, il silenzio era solcato solo dal fruscio del giornale di don Peppino, immerso in ripetute letture delle stesse pagine, e dallo scricchiolio del pennino a cavallotta, su conti inconsistenti, di don Attilio. Al rimbombo dilagante delle campane della Chiesa dei Morti, che sommergeva i precisi dodici tocchi del pendolo nell'ufficio, si ropmeva quella tesa vigilia. " E' ora di pranzo, don Peppino". " Buon appetito, don Attilio". E in silenzio, ciascuno recuperava il poco del suo: il giornale gualcito,qualche fattura strapazzata, un chiavetto dal mazzo, per guardare lesto l'uscita, verso l'interno della sala da pranzo, o verso l'esterno del grande portone sbarrato.

tratto da Rionero storie sparse e disperse

mercoledì 5 ottobre 2011

I Signorotti di Rionero

I Pierro, però, sono ricordati, se non chè per i capricci di un figlio: il foglio di don Benedetto, sinonimo a Rionero di ogni possibile vizio bambinesco, I cui capricci, fantasiosi e inesauribili, si fermarono un giorno, solo, dinanzia alla rude minaccia di rappresaglia del guardiano delle vigne che, intravisto a culo scoperto fra i pampini a sgravarsi la pancia, sollecitò il figlio di don Benedetto a chiedere al padre se potesse sparargli, con il botte, lì , su quel nudo biancore.
" Posso sparare al guardiano?" E il Padre: " Spara, spara, figlio mio".
- Oppure per i lamenti di altro componente della famiglia che, a Natale, nonostante la dovizia apparecchiata di anquilla, capitoni, alici, sgombri, seppie, seppioline, triglie, calamari: in umido fritti, in bianco , al forno; mancando una nonnata o un' orata, soleva uscirsene sempre in un doloroso sospiro: "E che Natale è mai questo!".

tratto da Rionero Storie sparse e disperse N. Calice

mercoledì 28 settembre 2011

Vita quotidiana a Rionero ( anni '30)

...però a Rionero c'è aria fina: questo è indubitabile.

D'Autunno poi, uscire di casa alle cinque del mattino e prendere a boccate piene quel frizzantino che apre i polmoni e spalanca il cuore a pensieri sereni, è una gioia che bisogna provare.

Certo, l'uomo pigro non può conoscere taluni doni schietti della Provvidenza! A Rionero, tra la fine di Ottobre ed i primi di Novembre, colui che è fiacco o chi poltrisce a letto non può accompagnarsi, all'alba, alle contadinelle che, cantando, vanno lontano nei campi con sporte e con scale a raccogliere le ultime castagne o le prime ulive della stagione.

E c'è da ridere a seguirle ed a sentire i loro canti.

Sono canzoni ferocemente allusive: bollano a morte, con versi ispirati al Genio inesorabile di una spietata Musa popolare, la ragazza che, per sposarsi, è fuggita di casa col fidanzato, contro il parere dei genitori gelosi i quali ora han perduto la faccia. Oppure sono tiritere che consegnano alla derisione delle generazioni la fanciulla “per bene” che è andata sposa incinta, dopo le minacce a mano armata rivolte, e non una volta sola, dai parenti di lei all'innamorato prima ardente, poi piuttosto tiepido ed ora, dopo il fattaccio, addirittura riottoso.

Esse urlano nell'ultima tenebra il ritornello di fuoco che ormai conoscono pure i sassi sulla strada:

...Trapenarella mia, l'hai fatta la fesseria...

Uh!...Trapenarella, cumm' t'hai fatt'...trapenià!...

E poi sghignazzano con sguaiataggine,come sanno fare loro....


Tratto da La Male Sorte di V. Buccino

lunedì 12 settembre 2011

Eccidio nazifascista a Rionero






Sepoltura per le vittime naziste Omicidio di massa
I canadesi, guidando l'Ottava Armata attraverso l'Italia hanno visto questa sepoltura a Rionero. Sedici italiani furono massacrati dai tedeschi, perchè un italiano si ribellò contro un tedesco per protestare per il furto di pollo. Nella foto, le ultime due vittime mentre venivano sepolte nel cimite
ro di Rionero








domenica 4 settembre 2011

Storie

Da grande farò il cuoco...
3 piccole storie di bambini del quartiere C10

La casetta :
un gruppetto di bambini è alle prese con la costruzione di una casetta realizzata con materiali di recupero ( pedane, assi ecc).
...dopo una giornata a bettere chiodi, tagliare e rifinire, uno dei bambini fa notare agli altri:
R. dice: " MI SA CHE CI SIAMO DIMENTICATI DI COSTRUIRE IL BAGNO";
M. risponde: " VABBE'...NON IMPORTA, USEREMO QUELLO PUBBLICO"!!!

Vacanza al mare :
un gruppo bambine discutono tra loro di animali domestici.

F. è entusiasta perchè a casa prenderanno un cagnolino.
C. : Noi quando eravamo in vacanza abbiamo trovato due micetti sul ciglio di una strada;
R. : Perchè non ve li siete presi?;
C. : E dove li dovevamo mettere? Noi andavamo a piedi a comprare i panini, sennò che ci dovevamo mangiare!? ( dato che avevamo preso l'albergo con l'opzione mezza pensione...)

Cosa farò da grande... :

All' approssimarsi di Giugno e degli esami di scuola media, si avverte la preoccupazione dell'ammissione agli esami.
Due fratelli discutono tra loro sul loro futuro e cosa faranno da grandi.

D. : Quest'anno ho gli esami ;
A. : Tanto non verrai ammesso;
D. : No!! vedrai che m' impegnerò per recuperare e verrò ammesso ( e così fu ).
L. : Studiare è importante. Almeno il diploma lo devi prendere;
D. : Almeno devo prendere la laurea triennale. Vorrei fare il tecnico di laboratorio perchè in ospedale è una figura molto richiesta, o l'infermiere oppure il geometra... Anche se papà ha detto che è meglio se faccio il cuoco, tanto l'uovo fritto già lo so fare!!!

domenica 21 agosto 2011

Riflessione



Discorso che Giustino Fortunato tenne il 31 Maggio 1900 rivolgendosi agli elettori del collegio di Melfi.

....«è costume di noi italiani denigrare il Parlamento, chiamandolo responsabile di ogni nostro male, e di indulgere alla facile illusione che si debba ricorrere a estremi subitanei rimedi». È vero che il regime parlamentare «attraversa una crisi che lo ha screditato agli occhi del volgo», ma il rimedio non può consistere nel ritorno ad una monarchia autoritaria oppure al regime assoluto. «È debole, è malato il regime parlamentare?», «Ebbene curiamolo. Curiamolo, perché non possiamo abolirlo; perché, anche potendolo, dovremmo soffocare la pubblica opinione, sopprimere la stampa, il telegrafo, le ferrovie; perché, infine, anche riuscendo a disfarci di tutta quanta la storia da cento anni in qua, noi non avremmo che cosa sostituire ad esso».....


giovedì 4 agosto 2011

Festeggiamenti della Madonna del Carmine Protettrice di Rionero






AGOSTO 2011






FESTEGGIAMENTI IN ONORE di



"MARIA SANTISSIMA VERGINE del CARMELO"

Protettrice della CITTA' DI RIONERO IN VULTURE







Rionero in Vulture 29 luglio - 28 agosto 2011


Programma c/o il sito del comune di Rionero

http://www.comune.rioneroinvulture.pz.it

mercoledì 3 agosto 2011

Il mercato della Domenica





Il mercato di Rionero, alla Domenica mattina, è un assembramento diviso in tre settori separati e distinti, ma intercomunicanti: il settore commerciale e industriale, (chiamiamolo così, giusto per dare una definizione riguardosa ed un pò piena di pretese), il settore ortofrutticolo, il settore legna, uova, polli e bestiame vario. Siccome Rionero è il centro agricolo più importante della zona, vi confluiscono, fin dalle 4 della mattina, contadini e coloni delle montagne vicine e lontane, che percorrono fino a tre ore di cammino, a piedi o a dorso di bestia per venirvi, sospinti dalla loro tragica vita che merita di essere illustrata in un altro libro, irta di tutte le difficoltà e resa difficile da tutti gli intoppi che gli uomini e la natura matrigna a gara , frappongono.
Arrivano a Rionero quei poveretti con qualunque tempo, come se andassero in una grande città, come se andassero alla Mecca. Si fermano in un angolo del mercato e lì restano senza fiatare, in attesa di vendere le uova, qualche pollastro e la legna che è sul dorso delle loro bestie. Altra gente proviene dalle vicine frazioni e dai paesi limitrofi, fin da Maschito e da Venosa. Da Melfi arrivano solo quei pochi che hanno bisogno di rifornirsi di ferramenta dalla ditta Pasquale e Faluccio Plastino e di cuoiami dei Fratelli Varlotta, dato che i Plastino e i Varlotta, ciascuno nei rami di loro competenza, sono i più forniti ed i più onesti della Basilicata....
tratto da La Mala Sorte di Vincenzo Buccino