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domenica 27 maggio 2012

giovedì 3 maggio 2012

L' emigrazione in Basilicata, intervista a Giustino Fortunato




L’emigrazione in Basilicata, relazione del Cav. Ausonio Franzoni, Roma, Tip. Nazionale Bertero, 1904.


L’On. Giustino Fortunato, volle accordarmi esso pure, un’ora d’interessantissimo colloquio. Ne riportai l’impressione che, se l’ingegno è in Lui preclaro, la cultura vastissima e nobilissimi gli intenti, è in Lui, altresì, così profondo lo scoraggiamento, così sradicabile la sfiducia in ogni provvedimento, fin ora discusso, per rialzare le sorti del Mezzogiorno, e, principalmente della Basilicata, da togliere ogni ardire, ad inoltrare qualsiasi pratico suggerimento.
“Fra vent’anni, egli mi disse, allorché l’Italia, si sarà veramente accorta, che tutto il Mezzogiorno è una cancrena inguaribile, Ella mi darà ragione! Ho percorso a piedi, tutta la parte montana del Mezzogiorno e ne ho studiato a fondo le condizioni geologiche; per me, i miglioramenti agricoli, sono una illusione, la terra non dà, perché non può dare. Eccettuate alcune zone della Campania e della terra di Bari, il resto è destinato, in tempo relativamente breve, a diventare deserto. Sarebbe quindi gettata ogni somma, che si volesse spendere in impossibili miglioramenti come credo, che i denari, che si spendessero in ferrovie e bonifiche non servirebbero ad altro, che a sfamare momentaneamente parte di quelle misere popolazioni. Per la Basilicata, la triste condizione dell’agricoltura viene dalla formazione geologica del terreno; e, perciò, quella regione, non sarà mai rimunerativa per l’agricoltura ne potrà essere ricca. Anzicchè profondere tesori in strade, ponti e gallerie, converrebbe alleviare, anzi abolire del tutto, i tributi di qualsiasi genere; poiché colà esiste, nei nove decimi della popolazione, l’impossibilità di pagarli. Qualunque legge di sgravi che debba essere applicata con uguali criteri, in tutta l’Italia, non avrebbe che la parvenza della giustizia; ma sarebbe, invece, affatto iniqua. La perequazione arriverà quando saranno completamente disseccate, le fonti di vita di gran parte del Mezzogiorno, e, prima di tutto, quindi, della Basilicata. Sgravi adunque, ad ogni costo ed in ogni cosa; sarebbe forse questo, l’unico mezzo di ritardare (giacché non credo si possa evitare) un non lontano spopolamento. Non sono d’accordo con chi crede nella colonizzazione nuova della Basilicata con elementi nordici; perché sono convinto che, salvo in qualche raro punto, gli emigrati periranno vittima della malaria, o, degenereranno, e la terra non avrà guari miglioramento dal mutato lavoro. Il valore dei concimi che si dovrebbero apportare per mutare la composizione del nostro suolo sarebbe superiore al valore di esso.
Quindi io ritengo che l’emigrazione sia uno sfogo che conviene lasciare aperto, od aprire sempre più, giacché è tanta misera gente che almeno va a morire lungi dai nostri occhi.” Esisteva tanta amarezza nella voce vibrante del mio onorevole interlocutore, ch’io non osavo interromperlo, pur non comprendendo il perché di tale pessimismo, in un uomo notissimo e per la modernità delle sue idee, e per la filantropia delle sue opere. Pure non potei a meno di osservargli, a questo punto, come, secondo le sue parole, data l’impossibilità di guarir l’ammalato, si dovesse rinunziare anche ai rimedi per mantenerlo, più a lungo, in vita. “Conviene rinunziarvi, rispose, perché tutto ciò che non è radicale, è una pura farsa. Se Ella vuol far opera buona insista unicamente sopra la necessità di sgravi di tributi, speciali pel mezzogiorno, specialissimi per la Basilicata. Le ripeto, che quando il contadino saprà di non esser costretto a pagare quello che non può, sotto la minaccia (che Ella avrà constata non esser vana) d’esser cacciato anche dalla sua tana, non penserà ad emigrare; perché, fatalmente, è legato a quel suolo, che pur non basta a dargli i mezzi d’esistenza. Non sono, perciò, d’accordo; colla proposta, dell’On. Sonnino circa lo sgravio parziale della tassa fondiaria nel Mezzogiorno, perché ne approfitterebbe chi non ne ha bisogno; mentre i miseri ne ritrarrebbero minimo profitto. Conviene ch’essi non vedano più la faccia dell’esattore; se no, è meglio lasciarli partire, e se chi rimane, è maggiormente aggravato, tanto peggio per esso!”. Ci trovavamo negli ambulatori di Montecitorio; e già il mio interlocutore era stato, ripetutamente, avvisato che lo si attendeva, per discutere negli Uffici, intorno al progetto per la diminuzione del prezzo del sale, al quale, egli, come un infinità di persone, che me ne parlarono in Basilicata, si dimostra contrario; mi congedò, quindi, cortesemente, lasciandomi convinto, bensì, ch’esso è contrario ad ogni misura di carattere provvisorio; ma non manifestandomi alcun concetto concreto, di ciò che radicalmente e costituzionalmente si dovrebbe fare.