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domenica 31 marzo 2013

Giustino Fortunato, Il Mezzogiorno e lo Stato italiano. Discorsi politici (1880-1910). A Federico Severini





....Ebbene, oggi appunto che una benefica latente rivoluzione, non per opera de’ Governi né per alcuna efficacia delle classi dirigenti, ma solo per virtù della stirpe, la eroica virtù migratoria di tanti umili suoi figli, accade nel Mezzogiorno, oggi appunto l’azione dello Stato italiano, nelle sue direttive né vere né concrete, dà segni manifesti di volgersi a maggiore suo danno, sia incrudelendo nel riscuotere sia largheggiando nello spendere, riabbattendo su di esso il flagello di nuovi monopoli così del ceto industriale come della classe operaia delle regioni più ricche… I nostri partiti, tanto i vecchi quanto i nuovi (e già i nuovi non meno asmatici de’ vecchi), sono ciechi, e la loro corsa verso l’ignoto pare irrefrenabile. Noi siamo alla vigilia di una grande riforma, la quale, è noto, risponde pure a un maturo mio convincimento, e un’altra idealità lungamente da me professata: il suffragio universale, che io ho sempre creduto valido mezzo per rafforzare la disciplina sociale in Italia, dov’essa è stata ed è così fiacca, avendo sempre tenuto per vero, che l’autorità delle leggi sia tanto maggiore quanto meglio venga loro conferita da Parlamenti, ne’ quali tutti gl’interessi abbiano voce e voto. Or quale speranza di sollecito e buono suo èsito possiam oggi nutrire, se oggi più che mai alla scarsa preparazione economica e civile del paese fa riscontro una così profonda disorganizzazione, un così esteso disordine logico de’ partiti? La riforma elettorale dell’82 non ha dato alla piccola borghesia tutto il potere che ora esercita, e assai più eserciterà di qui a poco, se non dopo oltre un ventennio: quanti anni non occorrono, perché anche i lavoratori della terra, quelli del Mezzogiorno in particolar modo, si facciano effettivamente valere, richiamando lo Stato a un senso meno lunatico e più austero della realtà? Certo, incominciare è bene, anzi è doveroso: così avessimo incominciato prima, poi che niente giova più a rendere un uomo consapevole del suo diritto quanto l’esercizio di questo! Ma, e nel frattempo, vorrà la buona stella d’Italia, – dacché le cose nostre più spesso si regolano dal caso che dal consiglio, – vegliare ancora su di noi, salvandoci per la terza volta dal correr rischio di fallire? Vorrà almeno la gioventù non ancora ascritta alle chiese militanti, e che io mi auguro non sorda alle voci ammonitrici, se anche deboli, perché amo crederla onestamente libera di giudizio e di coscienza, insorgere contro le insanie di una politica senza propositi, o con propositi ostinatamente cotraddittorî, e richiedere, prima d’ogni cosa, quella semplicità di vita nazionale, quella sua purificazione di tutti i privilegi, sian volti al basso od all’alto, onde solo sia possibile al Mezzogiorno diventare meno gramo?
Giustino Fortunato
Gaudiano (Lavello) 27 Marzo 1911