...Maria
Luigia,( Tancredi ) già spossata dall'assistenza a domicilio, ma sempre di passo svelto,
iniziava il secondo giro del paese, soprattutto per i negozi e al mercato
grande, per la ricerca del cibo, assillante d'inverno. Allora, esaminate le
ultime scorte del maiale, all'approssimarsi del mezzogiorno incominciava a girare
in tondo fra la dispensa e la cucina, a riguardar boccacci, a rificcar le mani
nella sugna dei vasi, a soppesar scanate, a rimirar pali affumicati ma senza
capi di salsicce, scarcelle di fichi secchi e pomodorini, sempre più preda di
una inconcludente frenesia e guardando le sue collaboratrici con occhi di rimprovero.
Finchè non scioglieva la sua abituale compostezza, disperatamente chiedendo
"Come debbo fare! Come debbo fare!", mentre ritmava l'invocazione con
un battito dei piedi, come in un pianto rituale. Poi, sciolta dallo sfogo,
guadagnava senza parole la porta dell'ospizio, per riuscire in rapida ricerca del
cibo. E nelle giornate nere accettava di tutto per i suoi trenta vecchi: avanzi
di cibo, pane liso, olii rancidi, lardacci, legumi svuotati da pappoloni. Anche
quei poveri rimasugli, infatti, quando li disponeva nella povera dispensa e
sapientemente li manipolava in cucina, riassumevano consistenza di cibo, frugale
ma accetto. Come quando, in un'annata umida e nevosa, ricevette un sacco di
grano per inerzia ormai infestato da insetti: Maria Luigia lo prese, lo divise
in pacchettini, li trascinò all'ospizio. Aperti e svuotati nel cassone, ne
scorse un grano secco e pulito, miracolosamente....
tratto da Rionero Storie sparse e disperdi di Nino Calice
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