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giovedì 30 gennaio 2014

GiuUann, Michel…e i Carabinieri (Storia realmente accaduta)

Rionero, piena Estate… una Domenica pomeriggio afosa… incrocio di fronte al monumento ai caduti… (rione S. Antonio), posto di blocco dei Carabinieri…non un’anima viva in giro.
Ad un tratto da via L. Tancredi (ex-nazionale) a salire arriva GiuUann’ a bordo della sua Vespa 50 Special color giallo.
Alt dei Carabinieri..GiuUann si ferma;
Carabinieri: prego documenti e faccia vedere il bollo;
GiuUann ( molto vago): ecc…’ verament’…j’…n’teng’ nint’…
Carabinieri: come, non ha i documenti? Come si chiama?
GiuUamm:  verament’..n’m’ha rcord..fac cavr’..boh?
In quello stesso momento da via Marconi a salire a senso unico, arriva Michel’ a bordo del Motocarro Ape 50 colore verde, con sopra una rete di un letto, rumore fragoroso…
Alt dei carabinieri anche a lui,
Uno dei due carabinieri si avvicina fa scendere Michel’ e gli chiede i documenti:
Michel’: managg’ m’ r’ so scurdat… mo va capisc’ ‘ndò so…;
Carabiniere:  mi dia nome e cognome;
Michel’: se..n’ m’ r’cord…(prende tempo)…stu cavr’;
Carabiniere: come anche lei non sa come si chiama? Venga con me vicino alla volante…;
Mentre Michel’ segue il carabiniere guarda GiuUann’ e lo saluta.
Michel’, con un sorrisino accennato:  Cià..tutt’ appost?
GiuUann risponde:  eh..chiu’ o men’ chissà cumm’ vai a finè oscj;
Carabiniere:  ma voi due vi conoscete?
Michel’:  no..no!( convinto );
GiuUann:  no!;
Carabiniere: ma come, vi siete appena salutati?!?!, vi conoscete;
Michel’:  ma nooon’… manc’ lù canosc’;
Carabiniere:  ma siete sicuri? E sto saluto?
Michel’ ( scocciato ):  taggj rett’ cà manc’ lu canosc’… mo vir’...;
Michel’ , si volta verso GiuUann’ e fa:  GIU’UA’, MIC’ M’ CANOSCJ? M’HAI MAI VEST????
GiuUann’ verso Michel’:  NO..NO MICHE’…CHI CAZZ’ TA’ MAI VEST’!!!

Michel’ e Giu Uann’ finirono i caserma!

domenica 26 gennaio 2014

Corteggiamento rionerese

M' n' vogl' sci a ri fundanell

ndo' van queri femmn semb a lavà
m' la vogl' sci a piglia' la chiu' bell
nand cavadd m la vogl' purtà.

La gend ca la ver: « quand iè ben
ndo l'aie fatt sta cacc' real »
L'agg' fatt a lu bosch r Maiell
ndo' ìè la nev ca nusquagl' maie


Virv'vell mia chiamt lu can
nu lu fa stà chiu' mizz a la via
ru'à strazzat lu stval mie

e lu sottocavzon ca i tenia

« Purtl ndo lu mastr a giustà
ca p paà t lu pagh i' »

« l' nè vogl' rnar nè trnis

vogl' la grazia toia vir'vell mia» 

domenica 19 gennaio 2014

Solidarietà...uno stralcio di storia rionerese che fa riflettere su chi ha bisogno...24 e 25 Gennaio partecipiamo tutti.


...Maria Luigia,( Tancredi ) già spossata dall'assistenza a domicilio, ma sempre di passo svelto, iniziava il secondo giro del paese, soprattutto per i negozi e al mercato grande, per la ricerca del cibo, assillante d'inverno. Allora, esaminate le ultime scorte del maiale, all'approssimarsi del mezzogiorno incominciava a girare in tondo fra la dispensa e la cucina, a riguardar boccacci, a rificcar le mani nella sugna dei vasi, a soppesar scanate, a rimirar pali affumicati ma senza capi di salsicce, scarcelle di fichi secchi e pomodorini, sempre più preda di una inconcludente frenesia e guardando le sue collaboratrici con occhi di rimprovero. Finchè non scioglieva la sua abituale compostezza, disperatamente chiedendo "Come debbo fare! Come debbo fare!", mentre ritmava l'invocazione con un battito dei piedi, come in un pianto rituale. Poi, sciolta dallo sfogo, guadagnava senza parole la porta dell'ospizio, per riuscire in rapida ricerca del cibo. E nelle giornate nere accettava di tutto per i suoi trenta vecchi: avanzi di cibo, pane liso, olii rancidi, lardacci, legumi svuotati da pappoloni. Anche quei poveri rimasugli, infatti, quando li disponeva nella povera dispensa e sapientemente li manipolava in cucina, riassumevano consistenza di cibo, frugale ma accetto. Come quando, in un'annata umida e nevosa, ricevette un sacco di grano per inerzia ormai infestato da insetti: Maria Luigia lo prese, lo divise in pacchettini, li trascinò all'ospizio. Aperti e svuotati nel cassone, ne scorse un grano secco e pulito, miracolosamente....

tratto da Rionero Storie sparse e disperdi di Nino Calice 

sabato 18 gennaio 2014

Via Roma



In seguito alla circolare del regime fascista del 1° Agosto 1931 la quale imponeva che: in ogni comune vi fosse una strada denominata Via Roma, anche il comune di Rionero in Vulture si adeguò alla circolare rinominando la strada Via Genala ( già Via Marina ) in Via Roma.



ps. questo post lo dedico al mio grande amico Tonino (2)

Festa San Michele Monticchio ( 1847 )



Nel giorno di S.Michele, la cui grande festa si celebra domani, tutta la popolazione delle aree limitrofe ha la consuetudine di dirigersi in massa al monastero; se fossimo abbastanza fortunati di avere bel tempo; tutti
ci assicurano che vedremo uno degli spettacoli più suggestivi in Italia meridionale. Siamo partiti di buon'ora con un guardiano ed un uomo a piedi. In un primo momento la strada, serpeggiante su per la montagna, non era affatto piacevole. Ma raggiunto il versante occidentale della collina, ci siamo addentrati in bellissimi boschi di faggio, la cui foltezza e dimensioni aumentavano man mano che avanzavamo. Dopo aver attraversato queste foreste ombreggiate, il sentiero piega verso
l'interno di una profonda valletta, o depressione, anticamente cratere principale del vulcano. Di li a poco, tra i rami degli alti alberi, si poteva scorgere il luccichio del lago di Monticchio, nelle cui acque si specchia il monastero di S. Michele. Modello più perfetto di solitudine monastica è inimmaginabile.
Addossato a grandi masse di roccia che incombono sull'edificio fin quasi a minacciarlo, il convento, di per sé già bello a vedersi, sorge sull'orlo di un ripido pendio che, nella sua 'discesa al lago, si adorna di gruppi di altissimi noci. Alta sulle rocce addossate al convento, la cima del Vulture si solleva verso il cielo, completamente ammantata di fitti boschi; e fitti boschi ricoprono anche i pendii della collina, che si di spiegano a mo' di ali su ciascuna sponda dei laghi. Lo specchio
d'acqua più grande fa pensare al lago di Nemi in scala ridotta; solo che l'assenza di ogni edificio, eccezion fatta per il solitario convento, e la completa esclusione di ogni prospettiva lontana, rendono perfetta l'incantevole quiete di S. Michele e del suo lago.
Arrivavano, intanto, grandi folle di contadini che si accampavano sotto gli alti noci, a mo' di fiera, com'è consuetudine degli Italiani nelle feste patronali. I costumi, presi singolarmente, non erano molto pittoreschi, ma l'effetto generale della scena, ogni elemento della
quale veniva riflesso chiaramente nell'acqua, era così bello che io non ne ricordo di uguali.
Abbiamo visitato la cappella e la buia grotta del santo patrono, e, a mezzogiorno, dopo aver disegnato fino all'arrivo della pioggia, ci siamo ritirati nelle due linde celle fatteci preparare dalla sollecitudine di Don Pasqualuccio, il quale ha anche provveduto a farci mandare, bell'e pronto, un ricco pranzo da Rionero.  

Tratto da viaggio in Basilicata di E. Lear 1847

giovedì 16 gennaio 2014

La crisi energetica 1973

In Italia il governo, varò un piano nazionale di “austerity economica” per il risparmio energetico che prevedeva cambiamenti immediati: il divieto di circolare in auto la domenica, la fine anticipata dei programmi televisivi, la riduzione dell'illuminazione stradale e commerciale...

Questo effetto si sentì anche a Rionero...


domenica 12 gennaio 2014

La scuola a Rionero anni '30

…E così di donna Giorgina. Era seria,forte, laboriosa, intenta a curare i ragazzi - si può dire - uno per uno,ma anche pronta a massacrarli uno per uno, nessuno escluso.Neanche Nigro Gerardo, piccolo apprendista calzolaio, bravissimo. Neanche Ciccillo Libutti, bravissimo pure lui. Nei momenti cruciali, donna Giorgina, con gli occhi fuori dalle orbite, si lanciava addosso al corrigendo come una belva, magari solo perché era stata errata la divisione di una parola in sillabe; soltanto perché era stata sbagliata un'operazione in un problemino,pur essendo esatto il procedimento per la soluzione.
- Che spavento di errore che mi hai fatto! ...
- Che rovina della vita mia! ... - esclamava.
E menava, con quello che aveva in mano o che poteva avere a portata di mano. D'inverno, anche con la palettina rovente del braciere della carbonella accesa, presso il quale, ogni tanto a turno, faceva andare nei momenti di calma, i piccoli a riscaldarsi le 'mani intirizzite dal freddo.
Per lo più picchiava con una bacchetta grossa come un dito pollice e dura come il ferro. I ragazzi uscivano di sotto le sue mani umiliati e malconci.
Sul banco del punito c'erano i capelli strappati; i capelli erano il primo invitante obiettivo delle sue mani: per terra finiva solitamente tutto quello che prima era sul banco.
Non poche volte si vedeva spicciare il sangue dalla bocca e dal naso. Tra poco, si sarebbero scoperti i segni lividi delle sue dita grosse e sgarbate sui visini, sui colli, sulle fronti, mentre sull'orlo dei padiglioni delle orecchie appariva una patina bianca, che persisteva fin tanto che perdurava il bruciore delle carezze ricevute.
Ma i dolori più intensi erano al cuoio capelluto, spasimi che si diffondevano per tutta la testa con uniformità: essi non rimanevano localizzati nei punti offesi, ma riverberandosi nell'interno del capo, arrivavano al cervello, il quale si lamentava a modo suo dei mali ricevuti, smartellando a sua volta dal di dentro con battiti regolari, come una pendola da salotto. I colpi interni straziavano quelle creature fino all'intontimento.
I recidivi se li trascinava a casa, dopo le lezioni; lì li chiudeva nel gabinetto di decenza e ve li lasciava digiuni. Alcuni bimbi portavano per settimane la testa deformata dai bernoccoli, frutti delle percosse ricevute con la bacchette con la paletta: ne sentivano dolore solo a passarci il pettine,solo a toccarsi con le dita e talvolta capitava, invece, che prima della guarigione, ci cascasse un'altra batosta. Taluni scolari non

piangevano nemmeno più. Donna Giorgina allora, credendo di non aver fatto male abbastanza, gravava la mano e solo Dio sa quello che ne derivava. I visini, dopo, sembravano deformati.Un giorno afferrò Rafaniello Umberto e, dopo averlo picchiato per un pezzo, visto che non reagiva con manifestazione di dolore, furente, lo sollevò per le orecchie finché non vide il sangue fece in tempo a deporlo a sedere sul banco: un lobo era gia già staccato, ma se avesse tirato un pochino ancora ...

tratto da La Mala Sorte di V. Buccino 

I cinesi a Rionero!

Si sa che… Con l’arrivo dei cinesi nelle nostre città, con le loro cineserie e i loro prodotti a prezzi stracciati, il commercio in Italia è andato man mano peggiorando facendo aumentare le giustificate lamentele dei nostri bravi commercianti.
Ma a Rionero…..:
«L’altra sera entro in un negozio di cinesi a Rionero, e trovo il titolare, GiuUann’ ‘ u cines’ ( lo chiamano così perché dice sempre Sciuann’) appoggiato al bancone, con il suo sorriso di sempre ( non so se a volte prende in giro ) mentre scuoteva la testa…
Gli  chiedo: ehi, che c’è? Tutto bene?
E lui: ma che diLe..che dile… tamburellando le dita sul bancone!
Io: Cioe?
Lui: io non so… come faLe, come faLe...il negozio vicino, vendeLe  scaLpe a 5 euLo..io non so come faLe questo negozio a vendeLe scaLpe a così pLezzo basso…pLlezzo tLoppo poco..come quadagnaLe…»

Pensiero,…stavolta li abbiamo fregati noi italiani con i prezzi bassi.

sabato 11 gennaio 2014

Le cattive abitudini...



...pò su questa cosa a Rionero siamo fenomenali....se si potesse entrare con la macchina in farmacia, forse...

venerdì 10 gennaio 2014

U' Scorciaciucci

….Guai a lui se i genitori avessero saputo, poi, che si era re­cato in quel precipizio di rovine e di orrore che era il « Primo Fosso della Signora », sotto il ponte, per la via di Atella. Laggiù i contadini andavano a buttare le carogne di tutti gli animali mor­ti. Mastro Ciccio Caiato, soprannominato «lo -Scorciaciucci »,
si incaricava, ogni volta che sapeva del decesso di un qualsiasi quadrupede, di recarsi nel fosso, di scorticare l'animale, di por­tarsene dietro le cosce, le parti più polpose, la pelle e quanto altro ritenesse di una qualche utilità. Il resto era abbandonato ai cani, ai gatti, agli avvoltoi e a tutti gli ordini di insetti che, se­ quando il loro fiuto, vi si spingevano, avendo bisogno di ali­mentarsene. I passanti dovevano volgere il viso e gli occhi da un'altra parte per non inorridire alla vista di tanti organi orribilmente
sconnessi e fetidi: vi si scorgevano carcasse biancheggianti al poco sole che filtrava fin laggiù, zoccoli innalzati al cielo ancora con i ferri a posto, teschi di muli e di asini atteggiati ad un riso ma­ cabro o ad infernali minacce, alla cui vista i bambini si stringe­ vano al seno delle mamme….


Tratto da La Mala Sorte di V. Buccino

domenica 5 gennaio 2014

L'innominato

Anche a Rionero esisteva ed esiste un nome cui i rioneresi preferiscono non menzionarlo...
Ma chi era...? Ho chiesto in giro, tra anziani...tra i pochi che hanno memoria, che rircordano qualcosa,ma al solo nome hanno fatto una brutta faccia:
Non ricordo;
uuuh e cumm' te ven'?
Addumman' a quir' foss' n' sap chiù assaj...
Seee...le..le che brutta fin' ca ha fatt'...
Cambj ragiunament'...

Infatti è così, i rioneresi preferiscono non parlarne, sembra per  noi un male augurio...
Sono riuscito a ricostruire la storia di quel poveraccio,la fine che ha fatto, del perchè... ma preferisco non raccontarla.
Dalla sua storia ho capito perchè noi rioneresi preferiamo non menzionarla, oppure se si vuol maledire qualcuno, diciamo::
Sj proprj nù....
haiaj fa la fin'...
ti possn' accir' cumm'...

Eppure Ceston' mi ha fatto pena...


giovedì 2 gennaio 2014

Superstrada Potenza Melfi, uscita Rionero, pilastri del ponte...

Superstrada Potenza Melfi, uscita Rionero...i pilastri dei ponti..forse hanno bisogno di manutenzione...